La discussione sul nucleare si è arenata lì, perchè sul momento non ho avuto molto da dire. Quest'idea mi era del tutto nuova e l'averla tirata in ballo mi ha completamente disorientato. Ragionandoci a freddo, mi è venuto da pensare inanzitutto che un'operazione del genere, ammesso che sia fattibile, avrebbe comunque costi enormi, ma sopratutto mi sovviene un'enorme obiezione di carattere concettuale: con quale pretesa, allo stesso modo in cui mandiamo le scorie nucleari nei paesi del "Terzo Mondo", pensiamo di arrogarci il diritto di inquinare anche lo spazio con i nostri, per di più radioattivi, rifiuti? O quantomeno più di quanto non sia già stato inquinato? E poi quali sarebbero le conseguenze di questo inquinamento radioattivo dello spazio?
Purtroppo, facendo una ricerca su internet, ho scoperto che la faccenda non è soltanto una fantasia del mio collega in quanto si è veramente pensato, in passato, di adottare questa soluzione per risolvere il problema dello stoccaggio delle scorie nucleari, anche se fortunatamente questa soluzione non è mai stata messa in pratica.
Ad ogni modo, non sarebbe meglio concentrare gli sforzi nel tentativo di ridurre il nostro fabbisogno energetico (inanzitutto limitando gli sprechi, come dice Pallante) piuttosto che inseguire la chimera di una fonte di energia illimitata e pulita?
E poi quello che è successo a Chernobyl ce lo vogliamo proprio dimenticare? Facciamo finta che non sia successo nulla? Dicono che le centrali di nuova generazione sono più sicure. Si, certo, sono sicure finchè non succede un incidente (o magari un attentato terroristico o una operazione militare chirurgica). Scommetto che anche la centrale di Chernobyl ai suoi tempi era "sicura".
A questo punto, per chiudere, mi affido alle parole di Michele Serra apparse qualche giorno fa su "La Repubblica":
Se avete mai provato a spiegare a un figlio adolescente perché deve spegnere le luci di casa quando non le usa; o convincerlo che una doccia di mezz'ora consuma dieci volte di più di una doccia di tre minuti, eppure lava allo stesso modo: allora avrete sperimentato personalmente l'inutilità quasi totale della pedagogia ambientale (e forse della pedagogia in generale...).
Il giorno dopo rifarà una doccia di mezz'ora, e lascerà tutte le luci accese. Il problema è che, con il trascorrere delle generazioni, noi occidentali ci siamo convinti che il benessere e la tecnologia siano naturali: ovvi come il sorgere del sole, gratuiti come lo scorrere dei fiumi. E su questa credenza, che è scientificamente assurda, irrazionale come la più arcaica delle superstizioni, si poggia tutto o quasi il nostro quotidiano, tutta o quasi la nostra politica. Siamo riusciti (scelleratamente) a rendere occulti i costi, i guasti, i rischi di uno sviluppo che poggia, invece, su un prelievo sempre più massiccio e scriteriato di risorse limitate.
Persino molti assennati leader di sinistra, che pure qualche buon libro in materia lo avranno anche letto, e qualche consigliere assennato lo avranno, pronunciano la parola sviluppo come un'acritica ed eterna somma di possibilità e di acquisizioni. Come una doccia che oggi è di mezz'ora e domani sarà dunque, si capisce, almeno di trentacinque minuti. E' ovvio.