domenica, dicembre 03, 2006
Luci d'artista a Torino
Un percorso espositivo lungo venti chilometri, scandito da 545 mila lampadine (di cui non si precisa il voltaggio) accese dall’Azienda Energetica Metropolitana. Rischiareranno a giorno le notti invernali di Torino per tre mesi, dal 1° novembre al 31 gennaio. Tanto dura il Natale in questa città da sempre all’avanguardia dei cambiamenti. In questo laboratorio del futuro in cui si sta innovando anche il calendario. Le chiamano "Luci d’artista" e sono uno dei più colossali sprechi energetici che siano mai stati concepiti. Senza averne la minima consapevolezza. Dio acceca quelli che vuol perdere, scriveva il profeta Isaia. Gongola l’assessore alla cultura tra le tartine, scrive orgoglioso il giornale cittadino. Roma ci sta copiando. Ma noi siamo stati i primi. Uno a zero.

Da questa cascina sperduta tra i boschi e le colline del Monferrato, se guardi dalla parte di Torino, anche senza le luci d’artista tutte le notti si riverbera in cielo un lucore soffuso, sempre più chiaro man mano che sali verso i paesi più alti, dove la notte non è già più notte e le costellazioni fai fatica a distinguerle. A Torino organizzano convegni per denunciare l’inquinamento luminoso, col patrocinio di qualche assessorato, comunale, provinciale o regionale, che differenza fa? Senti, senti: Il cielo stellato è stato proclamato patrimonio dell’umanità. Organizzano convegni sulla Convenzione di Kyoto, col patrocinio di qualche assessorato, per denunciare con toni indignati l’amministrazione Bush (non gli americani che sono un grande popolo, solo chi inopinatamente li sta governando) perché ha deciso di non ratificare l’impegno di diminuire le emissioni di CO2 assunto dal suo predecessore. E poi cancellano il cielo dalla città, che per tre mesi non ne resti traccia, scaricando in atmosfera tonnellate e tonnellate di anidride carbonica in più di quella scaricata normalmente negli altri mesi dell’anno. Schizofrenia. Non in senso metaforico, ma etimologico.

«Perché, tu non scarichi la tua dose giornaliera di CO2 in atmosfera?», mi ha chiesto una voce stizzita. «Lo faccio. Purtroppo lo faccio, ma faccio anche attenzione a scaricarne il meno possibile. E mi propongo di diminuirla. Non di aumentarla. Allo stato attuale della tecnologia non posso farne a meno se non rinunciando ad alcuni servizi di cui non sono ancora pronto a privarmi: il frigorifero, la cucina a gas, l’impianto di riscaldamento. Ma la CO2 scaricata dalle luci d’artista a che serve?».
Cliccando qui potrete continuare a leggere l'articolo e chissà magari trovare una risposta...

Casualmente tre anni fa, più meno in questo periodo, ero a Torino per questioni di lavoro, e le ho viste anche io le "Luci d'artista". Una di quelle sere, mi capitò proprio di chiaccherare con un amico torinese e, parlando parlando, arrivammo alla considerazione di quanto questa sontuosa illuminazione fosse inutile e dannosa, ovviamente guardando la cosa da un punto di vista strettamente energetico/ambientale. Ammesso e non concesso che ad un'operazione del genere si possa concedere una qualche valenza artistico/culturale...

Certo nel caso in questione lo spreco energetico è stato innalzato a simbolo della città (alla faccia dei tanti convegni di cui parla Pallante nel suo articolo), ma purtroppo quello delle luminarie nel periodo natalizio non è un problema che riguarda soltanto il capoluogo piemontese (nè dubito del fatto che altre amministrazioni comunali si siano affrettate a copiare l'"illuminante" esempio di Torino...).

E' il periodo natalizio che incombe ormai sempre più inesorabilmente, probabilmente il periodo più folle, frenetico ed energivoro di tutto l'anno, fra riscaldamenti, corsa a regali più o meno inutili, alberi di natale, luci che lampeggiano, grandi abbuffate, caos cittadino e chi più ne ha più ne metta.

Ovviamente c'è sempre la possibilità di tirarsi fuori, almeno in parte, da questa follia collettiva. Preferire un sobrio presepe ad un consumistico albero di natale, regalare oggetti del commercio equo e solidale, o magari ancora meglio cesti con prodotti alimentari biologici/equosolidali o, se si è in grado, autoprodurre i propri regalini natalizi, fare pranzi/cene (preferibilmente vegan) si abbondanti ma senza inutili eccessi e sopratutto limitando gli sprechi, non usare stoviglie usa e getta (o se proprio non si può farne a meno preferire quelle biodegrabili) e così via discorrendo. In fondo non si tratta altro che di applicare anche al periodo natalizio uno stile di vita equo e sostenibile.

Alla prossima,
Daniele

PS: a proposito di stili di vita equi e sostenibili vi consiglio la lettura del post odierno sul blog di Vera.
 
posted by Daniele at 11:20 AM | Permalink |


1 Comments:


  • At 5:37 PM, Anonymous Anonimo

    bravo daniele!

    è incredibile come ancora seguiamo un modo perverso di organizzare certi eventi... sembra che più sprechiamo più attiriamo!

    w la decrescita!!!

    :)